Samuele

Samuele

Per chi non ha conosciuto Samuele, chiamato da tutti “Sam”…

01Chi è Samuele

Samuele nasce il 28 gennaio 1985, in quell’inverno nevoso che tutti ricordano.
È un bambino sveglio, curioso, vivace. Cresce sano e forte, come tanti
bambini della sua età. Frequenta la scuola elementare a Luzzana, la scuo­la media a Borgo di Terzo, poi la scuola per geometri a Seriate.
Prima della malattia, è un ragazzo come ce ne sono altri: generoso, disponibile, deciso, simpatico, “un bel fusto”, come dicono le sue amiche, ma anche introverso, caparbio sulle sue opinioni, non sempre disponibile al dialogo… qualche piccola incomprensione, anche se mai problemi seri.

Ama vestirsi bene, gli piace uscire con gli amici, dei quali è un po’ un leader, più per i suoi modi di fare che per le sue parole, ha preferenze per la musica dance che ascolta ad alto volume, e per questo non disdegna la discoteca. Soprattutto ama il calcio, dove si impegna al massimo, senza mai perdere un allenamento, una partita, nonostante un certo disinteresse di noi genitori per questa sua passione, che ci sembra lo coinvolga eccessivamente.

A scuola ha buoni risultati, ma “potrebbe impegnarsi di più”: un classico per i genitori. Frequenta la scuola “I Piccoli Musici” di Casazza dalla prima elementare e suona il clarinetto dalla quarta elementare: non è la sua passione principale, ma è costante nell’impegno e suona nell’orchestra. Frequenta la parrocchia: è chierichetto dall’età di quattro anni, e, man mano cresce, si impegna a trasformare il discorso “fede”, che gli deriva dalla tradizione familiare, in qualcosa di più convinto, perso­nale e originale; rispetto alle varie proposte di impegno sociale, ha spirito d’iniziativa e creatività: riesce a coinvolgere gli amici e, con caparbietà e non senza sacrificio, a portare avanti le diverse iniziative.

Ama moltissimo la montagna: è felice quando, dopo aver camminato, può arrivare a una meta, e non si arrende finché l’ha raggiunta, in ciò aiu­tato da una grande determinazione e da un fisico piuttosto forte.
Ci vuole molto bene, e ciò non lo dimostra a parole, anche se soffre di non riuscire ad esprimere i suoi sentimenti, ma nel suo modo di essere: ci ringrazia per ogni cosa che gli diamo, persino ogni volta che si alza da ta­ vola; non vuole che spendiamo soldi per lui, e per questo lavora d’estate,
appassionandosi al lavoro di falegname; è contento quando siamo tutti insieme, anche con i parenti e le famiglie degli amici, per una festa, una gita, una vacanza.

Poi, nel novembre 2002, arriva la malattia, inaspettata, e incredibilmen­te aggressiva: un sarcoma alla coscia sinistra.
E mentre pian piano lei prende possesso di lui, succede il miracolo: le sue buone qualità si amplificano, si ingigantiscono, e di negativo rimane solo lei, che non perdona.
Accetta, dopo l’intervento chirurgico, l’handicap derivato dalla pesante demolizione sul suo fisico, che significa soprattutto non giocare più a calcio, la sua grande passione.
Dimostra la sua gratitudine a tutti coloro che si prodigano per lui: a noi per primi, ma anche ai parenti, agli amici, ai medici.
Riesce, nonostante tutto, a sorridere e a farci sorridere, ironizzando anche sulla sua malattia.

Mai si lamenta della sofferenza fisica e psicologica che si porta appres­so, e nemmeno quando la cosa è evidente dice di star male, quasi a voler risparmiare noi del dolore di vederlo soffrire.
Continua a fare ogni cosa con lo stesso spirito di prima, prodigandosi per realizzare le varie iniziative e continuando ad essere il leader, al punto che i suoi amici non si renderanno conto fino alla fine di quale incredibile battaglia lui stia combattendo; a scuola ci andrà fino all’ultima settimana di vita, pur trascinandosi a fatica.
E ancora più intensamente si appassiona ai suoi sogni: una famiglia, un lavoro da geometra o da falegname, manuale e creativo, un passatem­po da dee-iay, per stare insieme agli amici in allegria, e una casa in mon­tagna.
Dirà il venerdì sera, due giorni prima di perdere coscienza, all’amico sacerdote: “ho tante cose da fare: finire la scuola, trovarmi un lavoro, prendere una casa in montagna…”

Ci lascia il 18 febbraio 2004.

Tratto dal libro “Samuele Tu che conosci il cielo”, scritto nel 2004 dalla mamma Giulia Ghilardi

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